Venceslao, Venezia, Albrizzi, 1703

 ATTO PRIMO
 
 Piazza real di Cracovia, con archi trionfali e con un ramo della Vistula che le scorre per mezzo. Macchina trionfale che viene sul fiume avanzando e da cui dovrà scendere Ernando, accompagnato dal suono de’ militari strumenti. Siegue l’esercito polacco con molti schiavi in catene e fra loro vedrassi alzato sopra di un’asta il tronco teschio di Adrasto, già capo de’ rubelli moldavi. Ad un lato della scena vedesi una scalinata del palazzo reale, da cui dovranno scendere Venceslao e i due principi suoi figliuoli.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERNANDO, poi VENCESLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 
    Abbiam vinto; amico regno,
 n’è tuo frutto e gloria e pace.
 
    Del fellon superbo e fiero
 vedi il teschio; in suol straniero
5insepolto il busto giace. (Ernando scende dalla macchina e si avanza verso del re Venceslao che viene ad incontrarlo)
 
 O del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 Venceslao sempre invitto, il di cui cenno
 de’ popoli e de’ regni agita i fati,
10già ’l superbo moldavo
 morde i tuoi ceppi; e ’l contumace Adrasto,
 de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto
15là su l’Istro confessa
 ne le aperte sue piaghe il suo delitto.
 VENCESLAO
 Le tue vittorie, Ernando,
 degne de la tua fama e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto;
20ma di tanta tua gloria è nostro il frutto.
 Vieni, onde al sen ti stringa,
 o forte del mio regno (Lo abbraccia)
 difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
25un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
 generoso Alessandro. (Si abbracciano)
 VENCESLAO
 Casimiro, e tu solo
 al vincitor nieghi gli applausi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
30Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VENCESLAO
 Sinor sterili applausi
 diedi al valor di Ernando. I suoi trionfi
 chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VENCESLAO
                                              Il tuo rispetto
35non dee lasciarmi ingrato.
 Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace;
 e chiedendo a un monarca,
 che tutti in libertà lascia i miei voti,
40temo i voti tradir del regio amore.
 VENCESLAO
 Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor. Sol per te chiedo. (Ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                                O amico. (Ad Ernando)
 ERNANDO
 Dirò, poiché lo imponi,
45ma non senza rossor (non senza pena);
 tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo!)
 VENCESLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
 Perdona. Amor sol diede
50più zelo al cor, più stimolo a la fede.
 VENCESLAO
 Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah! Più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
 Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
55ne ammorzerò le fiamme. Ama là dove
 non offendi il tuo prence; o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se ti offendo, tacerò;
 né dirò
60di qual fiamma avvampi il cor.
 
    Cercherò ne l’ubbidirti
 la mercede a la mia fede
 e ’l conforto al mio dolor.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO, ALESSANDRO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Tu de l’amico Ernando
65siegui, Alessandro, le vestigia; e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 quaggiù, fuorché ’l suo re, fuorché gli dei.
 CASIMIRO
 E ch’ei tema, gli aggiugni,
70in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 Tanto esporrò ma troppo ingiusto sei.
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
 vuol privar te di un padre e me di un figlio.
 CASIMIRO
75Del tuo poter, de la mia vita, o sire,
 usa a tuo grado. Il sangue
 rendere a chi mel diede
 non mi fia grave. Il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude.
80Ma che un basso vapore
 che di luce non sua par che sfavilli,
 che un mio servo, un Ernando
 mi sia rival, ch’ e’ mi contenda e usurpi
 il possesso di un bene?
85Nol soffrirò. Sento che m’empie un core
 forte a ceder la vita e non l’amore.
 VENCESLAO
 Vedrem ciò che far possa
 mio malgrado il tuo amor. Ma sappi intanto
 che un reo vassallo arma di un re lo sdegno
90e che prima che a te fui padre al regno.
 
    Se vuoi dar leggi al mondo,
 serba le leggi in te.
 
    Non sono gli ostri o ’l trono
 ma ’l retto esempio e ’l giusto
95ciò che temuto e augusto
 rende a’ vassalli un re.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Con avviso impensato
 t’inchino, o prence.
 CASIMIRO
                                      O mio fedel Gismondo.
 GISMONDO
 Del lituano scettro
100l’illustre principessa...
 CASIMIRO
 Che fia?
 GISMONDO
                   Colei che amasti alor che fummo
 stranieri in quella corte...
 CASIMIRO
 Rimembranze noiose.
 GISMONDO
 Lucinda...
 CASIMIRO
                      È morta forse?
 GISMONDO
105Giunta è poc’anzi.
 CASIMIRO
                                    O dei! Lucinda?
 GISMONDO
                                                                    Io stesso
 la vidi in viril manto,
 mentito il sesso e co’ suoi fidi a canto.
 CASIMIRO
 Turbatrice odiosa
 de l’amor mio, costei sen viene e seco
110avrà la fé giurata,
 rinfaccierà de l’onor suo le macchie,
 i promessi imenei,
 chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GISMONDO
 E tu?
 CASIMIRO
              Che far poss’io?
115Gli affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice. Arde più forte
 del nuovo amor la face
 e goduta beltà più non mi piace.
 GISMONDO
 Vedi; ella viene.
 CASIMIRO
                                 Osserverò s’è dessa.
 GISMONDO
120(Misera principessa!) (Si ritirano in disparte)
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
    Torna al lido la navicella,
 né più teme quel mar che sfuggì.
 Vola al nido la rondinella
 e si scorda que’ lacci onde uscì.
 
125   Sol quest’alma vicina al suo bene
 più sente le pene
 che amando soffrì.
 
 Lucinda, in quella reggia
 vive il tuo sposo, invano atteso tanto
130e sempre amato e pianto.
 Qual di sì lungo indugio
 scusa addurrà? Mio caro,
 purché altro amor non t’abbia avvinto, io sono
 paga di tue discolpe e ti perdono.
 CASIMIRO
135(Purtroppo, amico, è dessa). (In disparte)
 LUCINDA
                                                       In quale oggetto
 vi affissate, o miei lumi.
 GISMONDO
 (Già ci osservò).
 CASIMIRO
                                 (Finger mi giovi).
 LUCINDA
                                                                    (O numi!)
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
140e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
 che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
145te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
 giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
 l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah! Quasi dissi il fier destin di amarti).
 CASIMIRO
150Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
 L’uffizio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
 Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
155Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (O com’è scaltro!)
 LUCINDA
                                                                    Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi,
 giorno (ah giorno fatal) che in voi si accese
 scambievol fiamma, io seco
160alor che le giurasti eterno amore
 e sol fui testimon del suo rossore.
 (Fiso mi osserva). Ommai
 ti dovria sovvenir che in bianco foglio
 la marital tua fede,
165me presente, segnasti; e me presente,
 si strinse il sacro nodo,
 si diede il casto amplesso.
 Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
170pur due volte d’alora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon de le sue pene,
175de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A cui favelli?
 LUCINDA
 Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
180fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
 abbia con la mia vita il mio dolore».
 GISMONDO
 (A lagrimar mi astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
185e qualunge sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
    Ti consiglio a far ritorno.
 Parti, va’;
 né cercar più di così.
 
190   Lungo soggiorno
 ti sarà solo
 di pianto e duolo
 cagione un dì.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA e GISMONDO
 
 LUCINDA
 Così mi lascia il traditor? Gismondo,
195tu pur non mi ravvisi o te ne infingi?
 GISMONDO
 (Che le dirò?) Signora,
 ben ti ravviso e ti ho pietade ancora.
 LUCINDA
 Dimmi, che sperar deggio?
 Mi ha tradita il mio sposo? O vuol tradirmi?
200Arde per altra? O finge?
 Di sua lunga dimora
 amore ha colpa? O ’l regno?
 Del mio fato il tenor svelami tu.
 GISMONDO
 Parti, o Lucinda, e non cercar di più.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
205Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno;
 varcai provincie e mari,
 grado e sesso mentii; soffersi tanto.
 Vo’ saperlo e pur temo
210che il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Aveva l’idol mio
 bel volto e cor fedel,
 quando partì da me.
 
    Orché a lui torno, o dio!
215per mio destin crudel,
 vi trovo la beltà ma non la fé.
 
 Atrio di fontane corrispondente agli appartamenti di Erenice.
 
 SCENA VIII
 
 ERNANDO, ALESSANDRO ed ERENICE
 
 ERNANDO
 Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invitto Ernando.
 ERNANDO
                                                              (O vista!)
 ERENICE
 A l’ombra de’ tuoi lauri
 la comun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
220E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
 Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
 ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
 Casimiro e Alessandro.
225Questi temendo il suo rival germano
 nascose il fuoco e col mio labbro espose
 le sue fiamme amorose.
 L’odio di Casimiro,
 credutomi rival, tutto in me cadde
230e in me sol rispettò l’amor paterno.
 La Moldavia rubella
 mi esentò da la reggia. Io vinsi e ’l prezzo
 esser dovea Erenice,
 sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
235Cor generoso.
 ALESSANDRO
                            E grande.
 ERNANDO
 Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro alora
 fremé, si oppose, minacciò. Compiacqui
 al suo furor; tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
240Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
 è comune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma quale è ’l tuo consiglio?
 ERNANDO
 Ne la vicina notte
 abbracciatevi sposi.
 ALESSANDRO
                                       E poi?
 ERNANDO
                                                      Riparo
245non avrà ’l fatto. Al mio consiglio, al nodo
 non disuguale il padre
 darà l’assenso; e del rival germano
 sarà impotente ogni furore o vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
250se tu vi assenti.
 ERENICE
                               O dio!
 ALESSANDRO
 Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
 Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo l’onestà.
 ALESSANDRO
                                  Prendi, mia vita,
255sposa mi se’. Ne l’atto sacro invoco
 l’amor, la fede, Ernando, uomini e dei.
 Se offendessi il tuo onor, non ti amerei.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco ti abbraccio.
 ERNANDO
                                                              Parti,
 pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
260Verrò cinto da l’ombre
 a darti il primo maritale amplesso.
 ERNANDO
 (Io fui del mio morir fabbro a me stesso).
 ALESSANDRO
 
    Col piacer che siate miei,
 occhi bei, vi dico addio.
 
265   Da voi parto sì contento
 che in lasciarvi più non sento
 il poter de l’amor mio.
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso.
270Ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 
    Bocca bella, del mio duolo
 non mi chiedere il perché.
 
    Il saper ti basti solo
 che mi rendono infelice
275amistade, amor e fé.
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, GISMONDO e li suddetti
 
 ERENICE
 (Qual favellar?)
 CASIMIRO
                                Felici amanti, il mio
 importuno venir tosto non privi
 del piacer di una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
280Perché rispetti Ernando
 sugli occhi di Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 Qual fia?
 GISMONDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
 Da lei che adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
285Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 Chi è nato re disponga
 de le nostre fortune,
 non del nostro voler. Sono gli affetti
 un bene indipendente, un ben ch’è nostro.
290L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
 non è offesa al tuo grado;
 è omaggio che si rende al bel che piace.
 Ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
295tua baldanza s’inoltra. (In atto di dar mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
 ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
300non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO, ERENICE e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Erenice offendesti. (A Casimiro)
 ERENICE
 Prence.
 CASIMIRO
                 Mia cara.
 ERENICE
                                     Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor di Ernando
305grave offesa è al tuo grado.
 L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu se’ re.
 GISMONDO
 (Si vendica di Ernando).
 CASIMIRO
310Tua beltade ha l’impero
 sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
315Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
 Questo è ’l tuo sol disio
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Non amarmi, non pregarmi,
 so che inganni, non ti amerò.
 
320   Usa lusinghe e vezzi;
 tenta minacce e sprezzi;
 alma per te non ho.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Amar puossi, Gismondo,
 beltà più ingiusta e più superba?
 GISMONDO
                                                               Prence,
325de l’ingrata Erenice
 si serve amor per gastigarti. Ei gode
 che tua pena ora sia l’altrui rigore.
 CASIMIRO
 Di qual fallo son reo?
 GISMONDO
                                         Lo sa ’l tuo core.
 CASIMIRO
 Che mai?
 GISMONDO
                     Spergiuri affetti,
330giuramenti negletti,
 mentita fede, lusinghieri baci,
 Lucinda amata e poi tradita...
 CASIMIRO
                                                        Eh taci.
 
    Beltà, che più non piace,
 lasciar d’amar si può.
 
335   Se il cielo in più sembianti
 i doni suoi versò,
 io perché ingiusto a tanti
 un sol ne adorerò?
 
 SCENA XIII
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Infelice Lucinda, io ti compiango.
340Il tuo amor, la tua fede
 meritar ben dovea miglior mercede.
 
    Minor pena di un’alma fedele
 è l’amare un cor crudele
 che l’amarne un traditor.
 
345   Il suo amor piange sprezzata,
 ingannata, anche il suo onor.
 
 Fine del primo atto